Si assiste oramai da tempo ad una serie di episodi che – visto il loro numero – è oramai difficile definire isolati o frutto della isteria del singolo. Certamente ciascuno di loro meriterebbe una analisi specifica ed è frutto di circostanze affatto singolari, pure non si può non notare che sono tutti legati da una sorta di filo rosso che li collega e li stringe in un punto focale comune. Periodicamente, sui media di comunicazione, qualcuno fa una affermazione e subito dopo si scatenano una ridda di commenti, improperi, contestazioni e distinguo che più passa il tempo e meno hanno a che fare con la affermazione di partenza. Una categoria emblematica è quella che vede accomunati tra loro affermazioni più o meno discriminatorie ed offensive e le levate di scudi conseguenti, in cui i paladini dell’onore offeso elevano vibrate proteste all’indirizzo dell’oltraggioso commentatore, cercando di smentirlo in tutti i modi.
1 Commento
La recensione che segue è stata scritta nel 2007, quindi alcuni particolari che oggi sono quasi la normalità, come ad esempio il nuovo modo di proporre un libro per la “stampa fai da te”, l’invio del volume in formato digitale e l’approccio verso il lettore mediato tramite un sito internet, cinque anni fa erano assai più rare ed innovative, ad ulteriore testimonianza della lungimiranza degli autori. Il tempo trascorso non diminuisce però la validità dell’opera che, oggi come allora, rimane assolutamente attuale ed utilissima, tanto all’esperto che al principiante. (N.d.R.) Per la prima recensione dell’anno volevamo proporre ai nostri lettori qualcosa di diverso rispetto al solito, e crediamo che risponda egregiamente allo scopo un libro che non è un libro, scritto da insegnanti che non tengono corsi o seminari sulla materia che descrivono pur essendo molto competenti e che non contiene descrizioni passo-passo di tecniche preordinate pur essendo molto ricco di illustrazioni e spiegazioni. Con una lungimirante attenzione alle nuove frontiere della editoria, il libro - intitolato “Il mio Kali” - è proposto per la vendita per corrispondenza in formato PDF su un CD. Nel mondo delle Arti marziali coesistono, a mio avviso, una serie di domande ricorrenti, le famose F.A.Q. che si possono racchiudere, con apprezzabile approssimazione, in due filoni principali: il primo è quello che gli esperti (veri o presunti) si scambiano tra loro, il secondo racchiude le domande ed i quesiti che gli allievi ed i principianti rivolgono agli gli esperti (sempre veri o presunti). Come è facile immaginare, la suddivisione tra i due filoni non è così drastica, e molte sono le domande che possono collocarsi sia nell’uno che nell’altro senza grandi forzature. Tra i quesiti più ricorrenti, foriero spesso di polemiche e aspre discussioni, e certamente destinato a trovare una risposta diversa per ciascun interpellato, c’è il classico: “Come si riconosce un buon Maestro di arti marziali?”.
_ di Matt Thornton Tratto da: http://www.team-centurion.com/index.php/BJJ,_tecniche_da_strada_e_Difesa_Personale_%28SBG_Concepts%29 Vedo che ancora c’è chi non capisce la differenza e non centra il nocciolo della questione. Chi sostiene “La strada è diversa dallo sport, il BJJ ha regole, chi attacca dovrebbe includere i morsi, tirare i capelli i capelli ecc”, è poco cosciente di quello che afferma. È un dibattito stanco ed insignificante. È inoltre la giustificazione che ogni istruttore di arti marziali morte delle scuole tradizionali usa spiegare la sua non-efficacia in un ambiente dove vige il contatto pieno. Così chiunque cerca di usare questi argomenti dovrebbe essere prudente. Lasciatemi essere il più chiaro possibile. Prenderò in prestito alcune terminologie di Dan Inosanto. Il sig. Inosanto è una cintura nera di BJJ, conseguita con i Machado, i quali considero tra gli istruttori di Grappling migliori nel mondo (provate a mordere Rigan qualche volta, io ci ho provato una volta ed è meglio che non vi dica come è andata a finire). Dovete fare una distinzione fra "un sistema di apprendimento" e un'applicazione sportiva di un'arte. M° Giannino Martinelli TRATTATO DI SCHERMA COL BASTONE DA PASSEGGIO Difesa personale A c. di G. Galvani, G. Zanini, E. Lorenzi, V. Pitalis, ill., pp. 160, € 20,00 Per informazioni ed ordini: [email protected] Non è mai semplice scrivere la recensione di una opera d’arte, cercando di dosare la doverosa obbiettività ed i giudizi personali, ed ancora meno facile è farlo in questa occasione; meno facile ma ancor più opportuno. Sgombro subito il campo dal dubbio che le remore siano dovute al mio contributo di correttore di bozze, in realtà ho fatto ben poco, e quel poco assolutamente ininfluente sulla qualità dell’opera, quindi – per quanto mi riguarda – ho tanto poco merito nel risultato, quanto molto onore nell’aver collaborato. (Tratto da: “The Physical and Psychological Benefits of Martial Arts Training” di Adam Paul Swiercz) Mentre la precisa origine delle arti marziali rimane abbastanza vaga per gli storici, è assodato che questa risale comunque a parecchi secoli indietro nel tempo. Attraverso gli anni, gli stili di combattimento sono stati tramandati da generazione a generazione e da paese a paese. Questi adattamenti alle necessità ed alle situazioni contingenti sono partiti dalla Cina per giungere in Giappone e Korea, dando origine alla eclettica varietà di stili che oggi conosciamo. Sviluppate per migliorare le risorse di difesa personale e aumentare le probabilità di successo negli scontri armati, le arti marziali furono create dalle antiche culture asiatiche unendo tecniche di combattimento, disciplina mentale, esercizi fisici e svariate componenti filosofiche. Nel panorama marziale odierno si parla spesso di sistemi o discipline che sono il frutto della unione di più arti marziali, combinate tra loro. Questo avviene oggi – grazie alla maggiore possibilità di informazione offerta dalla tecnologia e mai mezzi di trasporto, ma accadeva anche nei secoli scorsi, quando praticanti attenti e lungimiranti riuscivano a trarre – come si suole dire – “fior da fiore”, creando un “insieme” coerente ed efficace. E’ il caso del “Bartitsu”, una arte marziale ed un sistema di autodifesa codificato da E. W. Barton-Wright nel 1899, combinando jiujitsu, savate, boxe e tecniche di bastone da passeggio. (traduzione ed adattamento di: “Aikido as a Self Defence”) "Si dovrebbe essere preparati ad affrontare il 99% degli attacchi nemici e guardare la morte dritta negli occhi per illuminare la Via." Morihei Ueshiba Per ironia della sorte, è nella attuale era moderna - in cui la rilevanza del combattimento a mani nude è assai scarsa – che le arti marziali vengono ancora confrontate tra loro considerando esclusivamente la loro efficacia in termini di autodifesa. (Traduzione ed adattamento di “Facing an Edged Weapon - The Real Vs. The Psychological Threat” di Tim Larkin) http://www.dragondoor.com/articler/mode3/38/ Nota del Traduttore: Le tesi espresse dall’Autore del presente articolo sono abbastanza “estreme” e sicuramente foriere di diverse e comprensibili confutazioni. Per meglio inquadrarle nel contesto di discussione, è opportuno considerare che sono state pubblicate in un periodo delicato come quello seguito agli attentati al World Trade Center dell’11 settembre e che gli americani, in genere, hanno un approccio alla difesa personale più da cow-boy che da diplomatici. Oltre a ciò, è sempre bene tenere presente che quello che è concesso ad un soldato sul campo di battaglia in uno scontro corpo a corpo non è altrettanto concesso ad un privato cittadino aggredito o minacciato per strada. I presupposti fisici e psicologici dei protagonisti come le eventuali conseguenze sono assai diversi tra l’una e l’altra situazione. Nota dell’Autore: Durante lo scorso anno ho avuto il previlegio di incontrare John Du Cane e corrispondere con Pavel Tsatsouline sul condizionamento degli operatori speciali in base al profilo delle loro missioni. Sia John che Pavel mi hanno invitato a scrivere un articolo sull’addestramento al combattimento a mano armata ed io sono stato lieto di accogliere la loro proposta. Questo articolo riguarda la minaccia costituita dalle armi affilate ed è stato scritto in origine per una rivista, dopo l’attacco dell’11 settembre. Penso lo troverete interessante ed utile se vi trovaste ad affrontare una minaccia vitale. L’attacco terroristico al World Trade Center ed al Pentagono ha portato alla luce il fatto che a volte le persone normali si possono trovare ad affrontare una aggressione violenta ed inevitabile. Le armi usate in quella occasione furono taglierini per cartone e coltelli con lame più corte di dieci centimetri (attrezzi da calzolaio, secondo le indagini), quindi non pistole in speciali materiali plastici, non esplosivi esotici, solo semplici attrezzi che chiunque può acquistare in una qualsiasi ferramenta. Questi semplici oggetti furono sufficienti a tenere sotto controllo circa 60-80 persone in tre dei quattro aerei assaltati. Sul volo United Flight 93 i passeggeri passarono all’azione e contrastarono l’azione terroristica; Nonostante non siano riusciti a salvare sé stessi, questi eroi hanno certamente salvato molte altre vite, impedendo ai terroristi di colpire un bersaglio di alto profilo e obbligando l’aeroplano a schiantarsi nelle campagne della Pennsylvania. Personalmente esprimo il massimo disprezzo per gli zeloti che hanno eseguito questo atroce attacco, e sono convinto che i loro finanziatori ed i loro cosiddetti leader presto pagheranno il prezzo delle loro azioni, ma ritengo sia importante dare una attenta occhiata a cosa fare e cosa non fare quando abbiamo di fronte un aggressore armato con una lama affilata. C. Corona, M. Fenu, "Ritenzione d'arma - Teoria, Tecniche e Attrezzature" Ritter edizioni, collana: Target 320 pagine, 2012 248 ill.ni in b/n formato 14x21,5 cm ISBN 9788889107409 Verso la fine del volume, gli Autori usano una frase che ci piace pensare come un avviso, un disclaimer o - quasi - una "minaccia" (volutamente tra virgolette), ovvero: "Sappiamo di scontentare così tutti i fan dei film d'azione". Perché apriamo questa recensione con questa affermazione? Perché - duole dirlo - in Italia pare che la gran parte dell'addestramento all'impiego di un arma da parte degli appartenenti alle Forze dell'Ordine (taciamo - per carità di Patria - sul comune cittadino) sia basato su un pericoloso mix di ingenua buona volontà, leggende metropolitane, improvvisazione e - appunto - film d'azione dove il buono vince sempre, dove la pistola infilata nella cinta dei pantaloni non casca neppure se si viaggia appesi ai pattini di un elicottero in volo e dove l'arma - manco a dirlo - ha sempre nel caricatore i colpi sufficienti per eliminare tutti i "cattivi", nessuno escluso e capo compreso, tutti centrati al primo colpo in punti vitali o comunque immediatamente inabilitanti. |
Pensieri, opinioni, impressioni, ricordi e pareri personali Categorie
Tutto
Archivio
Marzo 2017
|